I carboidrati rappresentano la principale fonte di energia dell’organzino umano, pertanto in un’alimentazione equilibrata dovrebbero fornire almeno la metà della quota energetica complessiva della dieta giornaliera. Ma, in particolar modo, la minor quantità possibile, di tale componente calorica, dovrebbe essere a carico della sua molecola di piccole dimensioni chiamato “glucosio” (monosaccaride). Tale molecola elementare, è la componente glucidica assorbita dall’organismo umano, nei tempi e nelle modalità legate alle caratteristiche del cibo consumato.
Ragion per la quale, viene introdotto il concetto di “Indice Glicemico“, indicato con l’acronimo “IG“. L’indice glicemico di un alimento, indica la velocità con cui aumenta la concentrazione di zuccheri del sangue (glicemia), nell’arco delle due ore successive all’assunzione di un determinato alimento, in quantità tali da contenere 50 g di carboidrati.
Questo parametro è espresso in percentuale sulla velocità di aumento della glicemia con la stessa quantità di glucosio (standard di riferimento, valore GI = 100) o di pane bianco.
L’indice glicemico è un sistema di classificazione numerica utilizzato per misurare la velocità di digestione e assorbimento dei cibi contenenti carboidrati e il loro conseguente effetto sulla glicemia, e quindi come detto, sui livelli di glucosio nel sangue. Pertanto, un cibo con un punteggio dell’IG alto, produce un grande picco momentaneo di glucosio, immediatamente dopo il suo consumo. Al contrario, un alimento con un basso indice glicemico, provoca un aumento della concentrazione ematica di glucosio più lentamente, e per un tempo più lungo.
Il concetto di indice glicemico, è diventato un metodo per tentare di determinare quanto sano può essere un cibo. Nel corso degli anni, le tabelle del indice glicemico sono state ampliate ed aggiornate. Diversi fattori influenzano GI di un alimento come la forma liquida o solida, la quantità di fibra, o il metodo di preparazione (crudo o cotto). In generale, gli alimenti sottoposti a processi di lavorazione contenenti zuccheri raffinati (come cracker e sciroppi di mais) hanno un indice glicemico più alto. Va inoltre osservato che l’IG per qualsiasi cibo può variare significativamente tra gli individui, quindi è importante testare i cibi individualmente per determinare i loro effetti.
Il solo controllo dell’indice glicemico degli alimenti tuttavia non permette di capire che quantità di un alimento può essere consumata per raggiungere una soglia che causi iperglicemia, poiché l’indice glicemico è un fattore che considera solo la velocità di assorbimento dei cibi glucidici ma non la quantità o l’innalzamento della glicemia relativo ad una data porzione di glucidi. È vero che l’indice glicemico viene determinato dall’effetto sulla glicemia di un alimento contenente 50 grammi di carboidrati, quindi a parità di carboidrati, diversi alimenti determineranno un diverso picco glicemico. Spesso però si assiste ad una superficiale ed errata valutazione che vede i cibi ad alto indice glicemico come la causa dell’iperglicemia (alto indice glicemico=iperglicemia), quando in realtà ciò che deve essere considerato per prevenirla è unicamente il “carico glicemico“. È quest’ultimo metodo di calcolo infatti che serve a comprendere in che quantità può essere assunto un cibo glucidico per prevenire l’iperglicemia.
Un’idea della valutazione di IG dei cibi è la seguente:
< 40 molto basso;
41 < x < 55 basso;
56 < x < 69 moderato;
> 70 alto.